Una ricerca della nostra Unità di Neurologia, in corso di pubblicazione sulla rivista Frontiers in Neuroscience, ha dimostrato una diversa risposta del cervello maschile e di quello femminile in seguito a ictus e ha portato a ipotizzare che queste differenze possano influire sui processi di recupero post ictus.

“Utilizzando la stimolazione magnetica transcranica – ha spiegato il prof. Vincenzo Di Lazzaro, Responsabile dell’Unità di Neurologia – abbiamo scoperto che nella donna colpita da ictus prevalgono i cambiamenti localizzati nelle zone del cervello più vicine alla lesione; nell’uomo, invece, la riorganizzazione è più evidente lontano dalla sede dell’ictus: questo implica che nei due sessi possano avvenire processi di recupero delle funzioni perse profondamente diversi”.

Nessuna delle due modalità è in assoluto superiore all’altra nel favorire il recupero, ma la differenza potrebbe farla proprio l’estensione del danno cerebrale. I fenomeni di plasticità maschile potrebbero aumentare le chance di recupero nelle grandi lesioni cerebrali, la neuroplasticità femminile sarebbe, al contrario, più efficiente in caso di ictus meno esteso.

“La conoscenza più approfondita dell’influenza del sesso del paziente nel recupero dall’ictus – conclude Di Lazzaro – potrà essere di aiuto nell’individuazione e ottimizzazione dei trattamenti neuroriabilitativi“.

A gennaio scorso è arrivato nel nostro Policlinico Universitario il guanto robotico Gloreha Sinfonia, progettato e costruito interamente in Italia e attualmente in dotazione solo in un’altra struttura sanitaria a Tel Aviv.

Il dispositivo indossabile, comodo e leggero, sta già aiutando i pazienti ricoverati colpiti da ictus a recuperare la capacità di eseguire gesti ordinari grazie a esercizi con diversi livelli di difficoltà e complessità.

Dotato di due supporti dinamici che rendono il braccio del paziente libero di muoversi in assenza di gravità, il guanto è capace di guidare totalmente o parzialmente il movimento delle dita e dell’intera mano in base alle capacità motorie residue del paziente, che può allenarsi in semplici gesti come afferrare o raggiungere oggetti reali.

Una stimolazione multisensoriale accompagna gli esercizi e coinvolge il paziente grazie all’animazione 3D della mano sullo schermo. Gli stimoli visivi e sonori associati ai movimenti dell’arto favoriscono il recupero neurocognitivo e le performance motorie sono costantemente misurate grazie ai sensori di cui è dotato il guanto.

La riabilitazione robotica offre uno straordinario aiuto nel recupero funzionale post-ictus – spiega la prof.ssa Silvia Sterzi, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitazione – Permette infatti al paziente di muovere liberamente il braccio, garantendo un trattamento ripetitivo, intensivo e task-oriented”.

Recuperare le funzioni motorie perse a seguito di un ictus attraverso l’esecuzione di giochi interattivi, con una grafica piacevole e sofisticati sistemi di controllo che semplificano la vita al fisioterapista nel percorso di riabilitazione. Un lavoro che, per la prima volta, è possibile svolgere direttamente a casa del paziente. È quanto promette Icone, primo prodotto lanciato da ICan Robotics, azienda spin-off del nostro Ateneo fondata da un gruppo di bioingegneri che hanno studiato proprio in UCBM.

Il dispositivo ha appena ricevuto dal Ministero della Salute il marchio CE per l’utilizzo medicale anche a domicilio. Icone, infatti, è un sistema estremamente compatto e trasportabile, non ha bisogno di essere montato e funziona attraverso un’interfaccia grafica touch molto semplice da utilizzare, sia per il fisioterapista sia per il paziente.

Essendo finora l’unico robot al mondo a poter essere impiegato anche al di fuori di ospedali o centri di riabilitazione, va direttamente incontro all’esigenza di attivazione di servizi di neuroriabilitazione domiciliare, con i benefici che ne conseguono sia sulla qualità di vita del paziente e dei suoi familiari o caregiver, sia sull’impatto economico per il Servizio Sanitario Nazionale.

Curarsi a casa seguiti da remoto

I numeri che riguardano la patologia sono, infatti, altissimi. L’ictus in Italia è la prima causa di invalidità, nonché la terza di morte. Secondo i dati dell’Associazione Lotta all’Ictus Cerebrale (ALICe, 2016) circa 913 mila italiani sono sopravvissuti a un ictus. La maggior parte di loro ha bisogno proprio di quelle terapie che attraverso Icone il medico può seguire anche a distanza. Il software infatti permette allo specialista fisiatra di consultare i progressi anche da remoto, ponendo il device nell’ampia frontiera dell’e-health: curarsi a casa senza rinunciare all’assistenza medica di un esperto certificato.

“Per ottenere questo risultato – spiega l’ing. Dino Accoto, docente UCBM e co-fondatore di Ican Robotics – c’è voluto un notevole livello d’innovazione tecnica, inseguita per anni da molti gruppi a livello internazionale, per via dell’impatto potenziale di questo tipo di sistema sulla qualità di vita dei pazienti e anche, ovviamente, sull’economia dell’SSN”.

L’azienda che ha progettato Icone, inoltre, è una realtà tutta italiana e ha l’obiettivo di rivoluzionare il concetto stesso di riabilitazione post-ictus e di terapie per problemi di motricità dell’arto superiore.

Terapie personalizzate a partire dal capello del paziente, grazie alla creazione in vitro di cellule neuronali. È la nuova frontiera della ricerca sull’autismo, che vede in prima linea l’Università Campus Bio-Medico di Roma e il King’s College di Londra.

La messa a punto di terapie personalizzate è quanto promette una mappatura sempre più dettagliata del genoma. Oggi questo è possibile grazie a una tecnica innovativa, conosciuta come ArrayCGH, ossia Comparative Genomic Hybridization, utilizzata presso i laboratori del Centro Mafalda Luce per i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo di Milano. È all’interno di questa struttura che la nostra Università svolge attività clinica e di ricerca sull’autismo. A breve, grazie al recente acquisto di un sequenziatore di nuova generazione, i ricercatori del Centro avvieranno l’attività di sequenziamento del DNA (Next Generation Sequencing, NGS), processo che permette a sua volta di individuare la causa genetica dell’autismo.

Un impegno dall’orizzonte internazionale

UCBM inoltre è entrata a far parte del Consorzio Mondiale dell’Autismo, coordinato dall’Università di New York Monte Sinai, che ha come scopo proprio il sequenziamento del genoma di soggetti autistici tramite NGS. Continua poi da parte dell’Ateneo l’impegno all’interno del NIDA (Network italiano per il riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico), mirato all’individuazione di atipicità evolutive già nel primo anno di vita di un bambino.

Nel prossimo triennio, i nostri ricercatori si occuperanno di identificare in modo sempre più approfondito mutazioni e varianti genetiche rare attraverso l’analisi del genoma di famiglie con bambini ad alto rischio. L’identificazione tempestiva delle varianti permetterà l’inserimento di questi bambini all’interno di un opportuno e mirato programma di intervento terapeutico sempre più efficace e personalizzato.

#Inunminutopuoi: basta un sms per sostenere la ricerca

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Insieme possiamo scoprire nuove cure.