Anche i momenti più drammatici possono trasformarsi in un nuovo inizio per tante altre persone, se ci si lascia coinvolgere da un gesto di solidarietà.

Come ha fatto Danila Pugliese, che ha saputo trasformare la scomparsa di mamma Laura in un nuovo inizio per tanti altri pazienti ricoverati nella terapia intensiva del nostro Covid Center.

La testimonianza di Danila ci è arrivata per telefono nel mese di maggio dello scorso anno. Danila aveva sostenuto la terapia intensiva del nostro Covid Center attraverso diverse donazioni. Avendole chiesto cosa l’avesse spinta a compiere questo gesto di altruismo, ci ha quindi raccontato con delicatezza la storia sua e della sua mamma Laura, prematuramente scomparsa in quello stesso luogo dopo due mesi di dura lotta contro un avversario invisibile. Per questo Danila aveva organizzato una raccolta fondi in sua memoria, per ringraziare gli “angeli” che avevano custodito sua madre fino a quando possibile, diventando la sua famiglia adottiva.

Come ci ha raccontato Danila, riferendo le parole di sua madre, quegli “angeli” l’avevano trattata “come un fiore del giardino più prezioso”, e lei era diventata “la loro mascotte”. Mamma Laura era “una leonessa: giorno dopo giorno vedeva andare via tutte le persone che le stavano attorno, ma lei resisteva, era più forte, spinta solo dalla sua voglia di farcela e di tornare a casa dal marito e dalle sue due figlie”.

La forza di Danila e della sua mamma ha toccato il cuore di chi ha raccolto la loro testimonianza. Il gesto di Danila è un grande esempio di altruismo, di quella generosità che sa trasformare il dolore.

Grazie, Danila!

È stato realizzato grazie a IGT Lottery S.p.A. un box radiografico presente nel nostro Pronto Soccorso, struttura che sta per riprendere il suo regolare funzionamento dopo essere stata convertita per la seconda volta, da novembre 2020, in Covid Center. Il box è costituito da due radiografici digitali, di cui uno fisso e uno portatile, e avrà un ruolo fondamentale per il primo inquadramento dei pazienti che si presenteranno in condizioni di emergenza.

Ma c’è di più. Da sempre attenta ai bisogni locali e nazionali e impegnata quindi a sostenere la realizzazione di importanti iniziative a forte impatto sociale, IGT Lottery S.p.A. ha scelto inoltre di sostenere lo svolgimento di un percorso formativo biennale destinato
a studenti e specializzandi presso il Pronto Soccorso stesso.

“Mai come ora stiamo crescendo”

Numerosi gli studenti e gli specializzandi che da novembre 2020 hanno avuto l’opportunità di svolgere attività assistenziale in prima persona presso i reparti di Medicina e Subintensiva Covid. Come racconta una partecipante, Carilia Celesti, per tutti “è stata ed è tuttora un’esperienza che ha i caratteri dello straordinario: mai come in questi mesi stiamo crescendo, arricchendoci di tanto vissuto professionale e umano. Stiamo imparando a gestire con prontezza e sicurezza sempre maggiore i pazienti e le loro emergenze e urgenze. Siamo certi che queste competenze saranno una solida base per la nostra professione futura. Anche dal punto di vista umano abbiamo ricevuto molto. Chi soffre si sta mettendo nelle nostre mani: siamo chiamati a rispondere a qualsiasi necessità materiale nel momento del bisogno, a fare da tramite tra il paziente e i suoi cari. Tocca a noi alleviare la paura e la sofferenza di chi è lì in reparto e di chi è a casa ad aspettare. Mai come in questo momento la forza e la determinazione ci arrivano dai pazienti stessi, dal loro farsi concretezza nel nostro lavoro e servizio”.

“Un’esperienza che ha stravolto la mia vita”

Per lo specializzando Gaspare Biondo, “l’esperienza al Covid Center ha cambiato completamente la mia prospettiva nell’approccio ai malati critici. Abbiamo curato persone sane, spesso giovani, quasi tutti senza comorbidità rilevanti, eppure ridotte in fin di vita dal virus. Spesso ci siamo sentiti inermi, ma abbiamo sempre cercato, in scienza e coscienza, di fare sempre il bene del paziente, spingendoci fino ai trattamenti rianimatori più avanzati, come l’ossigenazione extracorporea, che prima era una terapia di nicchia e invece oggi ha rappresentato per moti pazienti l’unica chance di sopravvivenza. Questa esperienza ha stravolto la mia vita sia sul lato professionale che sul lato umano: sono cresciuto professionalmente, ho acquisito conoscenze e capacità tecniche che altrove non avrei potuto cogliere, e soprattutto non così velocemente; mi sono confrontato con il dramma quotidiano dei malati invisibili, lontani dai loro affetti più cari. Sono grato di esser stato parte di questo esercito silenzioso che, con poche armi a disposizione, ha lottato e continua a lottare per strappare esseri umani alla morte“.

Il Covid-19 ha portato, insieme alla malattia, anche un lungo strascico di problemi di natura socio-economica: dalla perdita del lavoro alla solitudine, dal collasso della prevenzione sanitaria all’interruzione dei sistemi dell’istruzione. Allo stesso tempo, la pandemia ha dimostrato in modo ancora più evidente quanto la nostra impronta sull’ambiente e sul pianeta possa generare effetti a catena disastrosi per l’uomo e per l’intero ecosistema.

La pandemia ha aggravato le diseguaglianze, ha esacerbato le povertà e ne ha create di nuove. Accanto a una inedita crisi sanitaria, ha generato una diffusa situazione di povertà educativa con la più grande interruzione mondiale dei cicli scolastici nella storia dell’ultimo secolo; ha rimarcato le differenze di genere; ha messo in discussione tanti diritti: dalla cura all’eguaglianza di genere, all’istruzione, al lavoro. Non ultimo, ha evidenziato in modo drammatico l’impatto del nostro stile di vita sull’ambiente. “Questa pandemia lascerà a lungo dietro di sé una scia di nuovi e vecchi bisogni a cui rispondere – spiega Rossano Bartoli, portavoce del Comitato Testamento Solidale e Presidente della Lega del Filo d’Oro – ma per farlo, serve il supporto di ciascuno di noi, serve una sorta di vaccino contro l’indifferenza, per stimolare gli anticorpi della generosità e dell’altruismo“.

Un vaccino contro l’indifferenza

Secondo il Comitato Testamento Solidale, coordinamento di 23 tra le più importanti organizzazioni non profit in Italia di cui anche il nostro Ateneo fa parte, a fronte delle tante crisi che la pandemia ha aperto anche sul fronte sociale, economico, culturale e ambientale, esiste quindi un vaccino di straordinaria efficacia e con nessuna controindicazione: la solidarietà.

Il testamento solidale è un importante componente di questo “vaccino contro l’indifferenza”, perché è una risposta altruistica che guarda al bene di chi resta. Soprattutto, è un gesto alla portata di tutti, perché anche con piccole somme o beni si può contribuire a portare sollievo dove c’è una sofferenza o un bisogno, senza ledere in alcun modo gli interessi di eventuali legittimi eredi.

 

Scopri come fare

 

Il 1° aprile 2020 apriva il nostro Covid Center. Con una rapida trasformazione del nuovo Pronto Soccorso, anche il nostro Policlinico Universitario si schierava così in prima linea contro il coronavirus. E in tanti sceglievate di affiancarci in questa battaglia.

Non è stato facile per nessuno, ma i nostri medici, infermieri e operatori sanitari, grazie anche a tutti voi, alla fine hanno vinto: il 14 giugno 2020 il nostro Covid Center ha chiuso.

Lo scriviamo con commozione, mentre il ricordo va ai giorni in cui ci chiedevamo con apprensione quando sarebbe finito tutto questo. Il grande giorno è finalmente arrivato e vogliamo festeggiarlo con tutti voi, perché il vostro sostegno ci ha permesso di far lavorare i nostri operatori in totale sicurezza e di garantire ai pazienti le migliori cure.

75 giorni e 90 professionisti

Sono stati 75 giorni in cui la struttura, totalmente isolata rispetto al Policlinico Universitario, ha potuto salvare la vita a una sessantina di persone, grazie all’impegno di 90 professionisti tra medici, infermieri e personale sanitario e tecnico, unitamente a professionisti e ricercatori impegnati a trovare le soluzioni ingegneristiche, organizzative e mediche più efficaci in tempi ridottissimi.

E se tutto questo è stato possibile, lo dobbiamo anche alla generosità di tanti donatori che hanno scelto di sostenerci. A voi va quindi il nostro più sentito e caloroso grazie, unito a quello dei tanti pazienti guariti e dei loro familiari. Insieme ce l’abbiamo fatta!

L’impegno continua

Ora i 2100 metri quadrati del Covid Center sono tornati a essere un cantiere, per poter dotare Roma di un nuovo Pronto Soccorso a partire dal 1° settembre 2020.

Ma la battaglia contro il Covid-19 non è ancora finita. Per questo i nostri ricercatori stanno studiando le caratteristiche di chi “ospita” il virus, per scoprire nuove strategie terapeutiche e testare rapidamente nuovi farmaci. Un progetto sfidante che ci vede ancora in prima linea.

Ancora grazie di cuore.

 

Dona contro il coronavirus

Durante i 75 giorni della sua apertura, tra le stanze del nostro Covid Center si muoveva anche don Luca Fantini, cappellano del nostro Ateneo, per portare conforto spirituale ai pazienti. Ecco la sua testimonianza, scritta per il periodico Frammenti di Luce.

È il 24 maggio: festeggiamo la domenica dell’Ascensione. Ma nel nostro Centro Covid oggi festeggiamo anche un’altra “ascensione”: un nostro paziente, arrivato la domenica delle Palme da Bergamo in condizioni disperate, torna a casa guarito in elicottero. E anche noi rimaniamo a guardare il cielo, seguendo il volo che segna il lieto fine di una delle tante storie del nostro Covid Center.

Quando lo abbiamo aperto, due mesi fa, mi sono messo a disposizione per seguirne i pazienti. Mi sembrava doveroso offrire loro questo servizio, ma allo stesso tempo ero molto perplesso: come si sarebbe potuto creare un rapporto personale con la barriera di tutti i dispositivi di protezione? Come avrei potuto portare conforto e aiuto spirituale se non era nemmeno possibile mostrare un sorriso o uno sguardo, nascosti da mascherine e occhiali appannati? O farmi riconoscere come sacerdote, indistinguibile da tutti gli altri operatori del reparto dietro i nostri DPI? L’esperienza mi ha mostrato che questi timori erano del tutto infondati. I pazienti, soprattutto all’inizio, erano così soli e spaventati che cercavano per primi un contatto personale e, salvo pochissime eccezioni, un conforto spirituale.

È iniziato così un “contagio” positivo: andavo a trovare un paziente già conosciuto e anche quello appena ricoverato nel letto accanto chiedeva di parlare, di pregare insieme o di ricevere i Sacramenti. Nel frattempo avevo anche trovato il modo per farmi riconoscere: con lo scotch rosso che adoperiamo nel reparto faccio ogni mattina una croce sulla tuta bianca di protezione. Il segno è inequivocabile e permette anche qualche battuta per alleviare la tensione: qualcuno mi ha detto che sembravo un cavaliere templare…

Con il passare dei giorni si è creato un clima di confidenza del tutto inatteso, favorito anche dal nostro personale sanitario, che ha messo tutta la sua umanità al servizio dei pazienti ed è stato molto attento a tutte le loro esigenze, comprese quelle spirituali. In queste circostanze si sono creati molti bei rapporti e di conseguenza gli episodi da raccontare sono numerosi. Ne riporto solo uno che mi ha toccato in modo particolare.

In una occasione stavo dando la Comunione a un paziente che andavo a trovare da vari giorni e in quel momento un nuovo paziente molto anziano, che fino a quel momento era rimasto assopito nel letto accanto, si è svegliato e, vedendo l’Eucarestia, è scoppiato a piangere per la commozione e mi ha chiesto di poterLa ricevere anche lui. Gli ho dato l’Ostia e, prima di consumarla, l’ha presa con grande emozione e l’ha baciata. Poi mi ha chiesto un Rosario da cui non si è più separato: lo teneva in mano o attorno al casco per la ventilazione. È spirato dopo qualche giorno: l’ho accompagnato l’ultimo giorno pregando il Rosario a voce alta accanto a lui affidandolo alla Regina del Cielo, a cui era così legato.

Grazie a Dio sono comunque di gran lunga più numerosi i pazienti che sono guariti e sono tornati a casa, ma con il desiderio di continuare a coltivare una Fede (ri)scoperta in queste settimane e anche di continuare a sentirci. Con un paio siamo anche d’accordo di fare insieme il Cammino di Santiago… Sarà certamente un ottimo segno di avvenuta guarigione!

 

Dona contro il coronavirus

Un concorso per stimolare l’interesse, la pratica e la diffusione della musica tra i giovani, contribuendo a favorire lo scambio delle esperienze musicali maturate all’interno di realtà scolastiche e associative. Questo l’obiettivo del concorso nazionale di musica San Vigilio In… Canto, promosso dall’associazione culturale Sperimentiamo. Un’iniziativa che quest’anno sceglie di contribuire alla ricerca contro il Covid-19.

“Quando il concorso è nato, nel 2011, non potevamo certo aspettarci che il suo decimo anniversario sarebbe stato così difficile”, commenta Loredana Ripepi, presidente dell’associazione. Nonostante l’emergenza sanitaria, il concorso comunque si farà anche quest’anno, grazie al web (questo il bando di concorso, per info: +39 3334080635 o info@sperimentiamo.it). E, anzi, per la prima volta, diventa occasione di solidarietà.

Spiega Ripepi: “In questi anni di crescita, formazione e sperimentazione, più volte ci siamo ripetuti che la musica non conosce confini ed è un linguaggio universale. Mai come oggi queste parole sono vere. Spetta a noi renderle concrete”. Per questo l’associazione ha scelto di devolvere le quote di iscrizione al concorso al nostro Ateneo, con l’obiettivo di sostenere l’impegno dei nostri ricercatori contro il Covid-19.

“La musica è donarsi e donare. Non può sottrarsi dal sostenere la ricerca scientifica e chi porta avanti la sua missione con professionalità e abnegazione”, conclude il presidente di Sperimentiamo. “Ora più che mai, medici e scienziati sapranno di non essere soli in questa lotta contro un nemico invisibile. Anzi, avranno al loro fianco un’intera orchestra che suona e crede in loro”.

 

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Una campagna di crowdfunding attivata a sostegno del nostro Covid Center. L’iniziativa è stata lanciata dagli studenti del nostro Ateneo e in pochi giorni, grazie al loro impegno e alla loro generosità, ha permesso di raccogliere più di 8mila euro. Ecco l’appello.

Negli ultimi giorni stiamo soffrendo la necessità di star “distanti”, ma forse più che mai stiamo capendo l’importanza del “dare una mano”. Ci hanno sempre detto che uniti si vince ogni guerra, noi studenti del Campus raccogliamo e facciamo nostro questo monito.

In questo periodo di emergenza sociale e sanitaria, stiamo cercando di aiutare il nostro paese a sconfiggere questo invisibile nemico nel principale modo possibile: #iorimangoacasa è lo slogan che riempie le nostre menti.

I nostri cuori però sono con tutti coloro che l’emergenza la stanno combattendo in prima linea, con inarrestabili mani guantate e volti coraggiosi nascosti da mascherine monouso.

Tutti vorremo fare qualcosa per dare forza e speranza a medici e infermieri che hanno trasformato il proprio slogan in #iorimangoinospedale, per combattere ogni giorno a fianco dei malati covid-19.

Loro sono le braccia che ci permetteranno di riabbracciarci senza timore quando l’emergenza sarà passata.

Distanti ma uniti, possiamo fare la differenza.

Noi siamo pronti a fermarlo. Voi siete pronti a sostenerci?

INSIEME CE LA FAREMO!

La campagna di crowdfunding degli studenti ora è chiusa, ma le donazioni possono ancora fare la differenza. Non è mai troppo tardi per sostenerci. Basta un piccolo contributo.

 

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Luca Argentero, Lino Banfi, Milly Carlucci, Tosca Donati, Francesco Castiglione, The Pozzolis Family e Zerbiian. Ma anche Maurizio Costanzo e Valerio Vermiglio. Anche i personaggi della tv, della musica, dello sport e del web sostengono il personale del nostro Covid Center.

L’invito a donare, lanciato attraverso diversi canali social, è chiaro: il personale sanitario cerca ogni giorno di dare il massimo per fronteggiare l’emergenza, ma ogni piccolo contributo può fare la differenza.

Prima che il nostro pronto soccorso venisse trasformato, proprio Luca Argentero aveva girato all’interno del nostro Policlinico Universitario la fiction DOC – Nelle tue mani. Adesso, a serie (per ora) conclusa, medici e pazienti sono davvero “nelle nostre mani”. E basta poco per sostenerli.

 

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Contribuire a fermare il contagio attraverso l’arte? Possibile. Un’intuizione che sta alla base di Covid 19 artisti uniti, iniziativa che – attraverso aste benefiche lanciate sui social – ha permesso di raccogliere 8mila euro da destinare ad alcune strutture sanitarie impegnate a fronteggiare l’epidemia.

Una sfida accettata con generosità anche dagli artisti Stefano Trappolini e Carola Masini, marito e moglie, che hanno scelto di destinare al nostro Covid Center i fondi raccolti attraverso la vendita all’asta di due loro opere.

È stata Carola a convincere il marito, subito dopo aver realizzato un’opera pensata appositamente per l’asta (in foto). Stefano ha donato quindi un suo dipinto realizzato nel 2011 e pubblicato anche all’interno del catalogo della sua mostra personale Passi-partout, realizzata insieme alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre.

Messe entrambe all’asta, l’opera di Carola è stata assegnata a una collezionista romana, mentre quella del marito è stata aggiudicata da un collezionista d’arte di Hannover, in Germania.

“Volevamo lanciare un segnale attraverso ciò che sappiamo fare: l’Arte appunto”, spiega Trappolini, “e incentivare così altre persone a donare”.

Nella presentazione della sua ultima mostra Volevo essere Superman, al momento “congelata” in una galleria romana proprio a causa dell’emergenza sanitaria, l’artista scriveva: “Questa mostra è dedicata a tutte le persone del mondo, perché ognuno di noi ha il proprio superpotere, basta cercarlo”. E – aggiungiamo noi – metterlo al servizio degli altri.

Commenta Stefano: “È vero, uso l’Arte come un superpotere e vorrei che questo fosse di stimolo per tutti, perché ciascuno metta il proprio superpotere al servizio degli altri“. Carola e Stefano ci sono riusciti. Tu vuoi fare altrettanto?

 

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Nella foto profilo la Tour Eiffel sullo sfondo. Come biografia, poche parole: “Voglio i Sogni, Essere Vita!”. Piero Libre Savone, infermiere del nostro Policlinico Universitario, “Vita” lo è davvero. Prima di tutto per i pazienti del nostro Covid Center, che anche grazie a lui possono tornare a sognare.

Piero è uno dei tanti professionisti che dal 1° aprile sono impegnati sul fronte della lotta al virus all’interno della nostra struttura dedicata. Il 5 aprile, prima domenica di lavoro tra le sue corsie, Piero ha condiviso sul proprio profilo Facebook pensieri, preoccupazioni e speranze. Una testimonianza che in poco tempo ha ricevuto più di mille like, 330 commenti e quasi 200 condivisioni. Eccola.

Mentre ti stai vestendo pensi velocemente se hai fatto tutto, se hai bevuto a sufficienza ma non troppo. Ti senti stanco, vorresti un caffè ma preferisci non berlo perché sai che se ti scappa non potrai farla per le prossime 4 6 ore. Ti senti vuoto, è strano ma lì non puoi portare niente con te. Varchi il confine e sei dentro, chiusa quella porta alle tue spalle, non puoi tornare indietro. Entri e senti allarmi di ogni tipo, monitor, ventilatori, pompe, dialisi, e sai che devi capirli, devi rispondere a tutti loro.

I pazienti sono gravi, e lo capisci dal primo istante, in questi casi non te lo dicono, ma tu lo sai dalla miriade di cavi che hanno attaccati a sé. Colleghi esausti, che però lavorano ininterrottamente, non li riconosci perché siamo tutti uguali. Non c’è divisa che tenga, medici, infermieri, OSS, tecnici, un unico colore, il bianco delle nostre tute. E allora è solo avvicinandoti che vedi nei loro occhi un accenno di sorriso, un voler dire ciao, finalmente sei arrivato, finalmente tra 10 minuti sarò fuori.

Il caos, ti parli velocemente dei pazienti, a malapena riesci a sentire le loro voci, ovattate dalle mascherine, e tu nella frenesia stai già grondando dal sudore. Pensi che non resisterai un solo turno in più. Poi inizia il turno e non hai più modo di pensare a nulla, sommerso dalle cose da fare tu vai diritto, capisci che devi metterci tutto te stesso perché i pazienti sono solo nelle tue mani.

A fine turno sei esausto ma ti manca un piccolo grande passo da fare, forse il più importante, svestirti nel modo corretto così da non contaminarti. Vorresti in realtà stracciartela quella tuta, ma devi essere concentrato per l’ultima volta ed eseguire passo passo le istruzioni di svestizione apposte sul muro davanti a te, insieme ad uno specchio.

Cominci a rivedere il tuo volto. Un volto segnato dalle mascherine, dalle visiere, dagli elastici, gli occhiali appannati dalla condensa che generi, e che per tutto il turno ti hanno fatto vedere sempre meno. Le mani grondanti, la divisa sottostante zuppa di sudore, hai il naso rosso, gli occhi stanchi. Ma pensi che è finita, una doccia e poi a casa.

È notte oramai e vedi che proprio sopra alla tua terapia intensiva Covid qualcuno sta facendo il tifo per te, qualcuno vuole ricordarti che devi essere forte, che sa quello che stai vivendo, ed è orgoglioso. Qualcuno ha voluto omaggiarti con questo tricolore. E allora lo guardi, e ti tornano i ricordi del turno appena passato, realizzi che il tuo contributo è stato importante, e che se ti chiamassero per fare un nuovo turno proprio ora non esiteresti un solo secondo a rientrare in quella trincea. Perché fare del bene, e rendere il bene con il tuo lavoro, è la cosa più bella che c’è!

 

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