Una buona salute aggiunge vita agli anni. Così, l’allungamento della vita è diventato una delle nostre conquiste più significative. Tuttavia, a livello globale, ci sono poche prove che gli anziani di oggi godano di una salute migliore rispetto alle generazioni precedenti. Molte persone raggiungono un punto della loro vita in cui non possono più prendersi cura di se stesse senza sostegno e assistenza. Molto spesso, a prendersi cura di loro è direttamente il nucleo familiare. Ma a chi si può affidare il nucleo familiare?

Il nostro Ateneo è da sempre attento a sostenere la popolazione più anziana. I nostri ricercatori sono impegnati quotidianamente a migliorarne la qualità della vita attraverso progetti di ricerca contro le patologie correlate all’età e il sostegno di quanti scelgono di destinare il proprio 5×1000 alla Ricerca sulle patologie della terza età. Ma gli sforzi non finiscono qui.

Ankises, uno sportello di ascolto e orientamento

La Fondazione Alberto Sordi ha aperto “Ankises”, uno sportello di ascolto e orientamento affinché le famiglie che hanno nel proprio nucleo anziani fragili o malati cronici possano avere un punto di riferimento per affrontare situazioni critiche o complesse. Sempre più spesso, infatti, accade che gli anziani o le loro famiglie si trovino ad affrontare situazioni emergenziali o percorsi amministrativi senza sapere a quale struttura rivolgersi, né quali possibili modalità risolutive possa offrire una società in continuo mutamento.

Perché “Ankises”? Il nome del progetto rimanda alla figura di Anchise, scappato dalla città di Troia in fiamme sulle spalle del figlio Enea, eroe troiano. Anchise è rappresentato nell’epica classica come genitore amato e rispettato, portatore dei valori della tradizione. Un gesto, quello di Enea, che è quello che compiono quotidianamente tantissime persone, e che il nostro Ateneo e la Fondazione Alberto Sordi vogliono sostenere.

Quando e dove accedere ad Ankises

Lo sportello sarà attivo presso gli uffici della Fondazione Alberto Sordi (via Alvaro del Portillo 5 a Roma) ogni lunedì dalle ore 10 alle 14 e ogni mercoledì dalle 13 alle 17. Attraverso un lavoro di confronto e condivisione, un coordinatore e un gruppo di volontari saranno disponibili gratuitamente per fornire informazioni su servizi e prestazioni, normative e percorsi assistenziali.

È possibile prenotare un appuntamento scrivendo all’indirizzo e-mail ankises@fondazionealbertosordi.it.

Ogni giovedì mattina, il nostro Policlinico Universitario offre screening gratuiti a tutti i fumatori d’età compresa tra i 55 e i 75 anni o a chi ha smesso di fumare da meno di dieci anni. Grazie alla campagna di diagnosi precoce Un Respiro per la Vita, l’Unità di Chirurgia toracica controlla lo stato di salute dei loro polmoni mediante Tomografia Computerizzata (TC) Spirale a basso dosaggio.

Le persone più a rischio di tumore al polmone sono infatti i fumatori, coloro che soffrono di Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) e chi è esposto a sostanze carcinogene che colpiscono i polmoni (asbesto, radiazioni, berillio, idrocarburi, etc.).

Da giugno 2011 ad oggi si sono sottoposti allo screening oltre 5 mila pazienti. A 95 di questi è stata diagnosticata una neoplasia polmonare a uno stadio precocissimo: grazie a Un respiro per la vita, hanno scoperto in tempo la malattia.

L’iniziativa Un respiro per la vita è possibile grazie all’attività gratuita di molti medici del nostro Policlinico Universitario e al tuo aiuto. Purtroppo, infatti, la TC spirale non è attualmente coperta dal Servizio Sanitario Nazionale.

Garantire uno screening costa solo 40 euro, salvare una vita non ha prezzo.

 

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La ricerca non si ferma, e neanche la sua divulgazione! Si è svolto lo scorso 23 ottobre, per iniziativa dell’Associazione Amici dell’Università Campus Bio-Medico di Roma Onlus e in streaming dallo Sporting Club di Monza, il talk intitolato #Nontipreoccupare: la ricerca non si ferma. A circa un anno dall’edizione 2019, l’Associazione Amici ha proposto quindi stavolta un incontro virtuale, in ottemperanza alle normative anti Covid-19 e per rispetto della salute di tutti, bene primario che il nostro Policlinico Universitario cura e difende ogni giorno. L’obiettivo, tuttavia, è rimasto il solito: sensibilizzare sul tema della depressione e promuovere la raccolta fondi per la ricerca.

Con la moderazione della giornalista Nancy Squitieri, sono intervenuti Vincenzo Di Lazzaro, direttore dell’UOC di Neurologia, Rossella Perricone, presidente dell’Associazione Amici, Francesco Danile, presidente dell’Associazione Antonio Danile, e l’attore e regista Sergio Scorzillo. Testimonial d’eccezione, il simpatico Germano Lanzoni, noto ai più come “il milanese imbruttito”.

Ricerca sulla depressione, risultati migliori delle attese

Una serata densa di spunti e di proficua collaborazione tra l’Associazione Amici e lo Sporting Club, che ha confermato l’apprezzamento e la stima per il lavoro scientifico del nostro Ateneo. Presente anche il presidente dello Sporting Club stesso, Filippo Carimati.

Il professor Di Lazzaro ha aggiornato gli utenti connessi circa le terapie tramite stimolazione magnetica transcranica ripetitiva, metodo non doloroso né invasivo che, attraverso l’uso di uno stimolatore di nuova generazione, sta producendo risultati migliori e maggiori delle attese. Si tratta di terapie che dovrebbero durare quattro settimane e già dopo la prima provocano ottimi miglioramenti nei pazienti.

Rossella Perricone, presidente dell’Associazione Amici, ha ricordato che gli oltre 13mila euro raccolti (al netto delle spese) grazie all’evento 2019 sono stati utilizzati, insieme ad altre donazioni, per l’acquisto dello stimolatore, il cui costo si aggira attorno ai 100mila euro.

Francesco Danile e Sergio Scorzillo hanno infine raccontato il catartico viaggio compiuto nel mondo della depressione e del teatro. Ne scaturiranno uno spettacolo e un libro intitolati Non ti preoccupare, frase tipicamente pronunciata da chi soffre di depressione per soffocare il dolore troppo grande di mostrare e affrontare la malattia.

 

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Una malattia genetica rara che colpisce i bambini

La malattia di Alexander è una malattia neurodegenerativa ultrarara di origine genetica che, nella sua forma più grave, colpisce i bambini nei primi anni di vita. I suoi sintomi – macrocefalia, spasticità, atassia, crisi convulsive e ritardi nello sviluppo psicomotorio – si presentano tra i 6 mesi e i 2 anni d’età e spesso conducono rapidamente al decesso. Rientra tra le leucodistrofie, caratterizzate dall’alterazione e dalla progressiva degradazione della guaina protettrice dei nervi, la mielina. Proprio il suo deterioramento provoca l’interruzione delle trasmissioni dei comandi neuronali e di conseguenza la compromissione del sistema nervoso.

Ciò che oggi è noto è che il meccanismo di degenerazione della mielina è collegato alla presenza di una mutazione in un particolare gene. Come questa modifica causi la malattia di Alexander è tuttavia una questione ancora oggi oggetto di studio.

Trovare una cura per la vita dei bambini

L’obiettivo dello studio del nostro ricercatore Emanuele Mauri – dell’Unità di Ricerca di Ingegneria Tissutale e Chimica per l’Ingegneria, diretta dalla prof.ssa Marcella Trombetta – in collaborazione con il dr. Vasco Meneghini dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) e il dr. Marco Peviani dell’Università di Pavia, è contribuire allo sviluppo di un approccio terapeutico per la malattia di Alexander, e salvaguardare la vita dei bambini che ne sono affetti.

Una promettente strategia, sviluppata dal team di Milano, sembra essere quella del gene editing: intervenire direttamente sul gene stesso, per correggerne la mutazione o “spegnerne” la funzionalità (metodo CRISP/Cas9). Una soluzione possibile grazie alla nanotecnologia promossa da UCBM, che permetterebbe di intrappolare il DNA o l’RNA destinato a intervenire sul gene mutato, e di trasportarlo attraverso la membrana cellulare all’interno delle cellule stesse, per poi rilasciarlo dove può svolgere la sua azione di rimpiazzo o disattivazione della sequenza genetica danneggiata.

Ci aiuti?

Per far questo, però, è necessario un analizzatore delle dimensioni di particella, apparecchiatura che permette di recuperare e studiare le caratteristiche chimico-fisiche di ogni nanoparticella sintetizzata, per verificarne il potenziale e poi procedere ai test. Un particle size analyzer costa tra i 45 mila e i 50 mila euro e permetterebbe di scoprire nuove terapie basate sulla nanotecnologia e destinate a curare i bambini affetti da questa malattia.

Ma non solo. Questa apparecchiatura sarebbe di aiuto anche per l’applicazione delle nanoparticelle in altri scenari critici che stanno ancora cercando una cura risolutiva. Uno di questi è quello dei tumori celebrali e in particolare del glioblastoma multiforme che, una volta diagnosticato, permette una sopravvivenza di circa 15 mesi. L’utilizzo di nanoparticelle, visualizzabili tramite risonanza magnetica o PET e in grado di trasportare molecole chemioterapiche solo nelle cellule tumorali, preservando quelle sane, rappresenterebbe un nuovo approccio terapeutico per i tumori cerebrali ispirato ai principi della medicina di precisione.

Ci aiuti ad acquistare questa importante apparecchiatura?

 

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Padel, fitness, superjump, step e zumba. E ancora tennis, group cycling, water polo e yoga. Anche fare sport può essere un gesto altruistico e di responsabilità nei confronti del territorio, soprattutto se a pensarlo sono i club sportivi stessi. Per questo l’Enjoy Sporting Club ha promosso Enjoy for humanity, iniziativa solidale a favore del Pronto Soccorso del nostro Policlinico Universitario.

Attraverso l’organizzazione di cinque weekend di sport e un’asta benefica, l’evento ha permesso di raccogliere 8.250 euro a favore di questa nuova struttura sanitaria fondamentale per il territorio. Quasi 7mila gli euro raccolti grazie alle attività sportive, più di 1.250 euro invece la cifra raggiunta con un’asta benefica che ha destinato a generosi partecipanti magliette e oggetti sportivi autografati da grandi campioni.

Domenica 11 ottobre, a conclusione dell’iniziativa, i fondi raccolti sono stati consegnati dall’Enjoy Sporting Club ad Andrea Rossi, direttore generale del nostro Ateneo. Saranno quindi presto investiti a favore della salute di tutti gli abitanti del territorio.

Insomma, a volte, fare sport fa doppiamente bene: a sé e agli altri!

 

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Un nuovo Pronto Soccorso per Roma. Un sogno che, grazie al sostegno di tanti, dal 1° settembre è diventato realtà! Ha aperto, finalmente, il Pronto Soccorso del nostro Policlinico Universitario. Una struttura di 2100 metri quadrati, accogliente, sicura e dotata delle più recenti tecnologie, accreditata Joint Commission International e realizzata seguendo i più aggiornati modelli organizzativi, tecnologici e di triage. Un servizio pensato per un bacino potenziale di circa 300mila residenti, per un afflusso stimato in 45mila accessi annui.

Anche in tempo di pandemia. Per i pazienti che dovessero risultare positivi al tampone (da trasferire pertanto in un ospedale Covid), nel mese di luglio è stato infatti costruito un Percorso Protetto Covid totalmente separato, che si estende su ulteriori 300 metri quadrati.

Pronto ad accogliere

All’inaugurazione hanno preso parte, tra gli altri, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il Vice Ministro alla Salute Pierpaolo Sileri, il sindaco di Roma Virginia Raggi e l’assessore alla Sanità e all’Integrazione socio-sanitaria della Regione Lazio Alessio D’Amato. Mons. Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare con delega alla pastorale sanitaria, ha benedetto la struttura.

Come ha detto Felice Barela, presidente del nostro Ateneo, “siamo felici di poter dare questo ulteriore contributo al nostro Servizio Sanitario, fieri di essere uno dei nodi di questa ‘rete di protezione’ dei nostri concittadini”. Per Paolo Sormani, direttore generale del Policlinico Universitario, “il nostro vuole essere un Pronto Soccorso che accoglie, ascolta, comunica, si fa carico, assiste e cura”.

Il Pronto Soccorso è pensato per assicurare cure tempestive per tutte le patologie – in particolare, quelle cerebro-vascolari acute (ictus), vascolari acute (aneurismi) e cardiopatie acute (infarti) – oltre che per tutti i casi di traumatologia e di patologie chirurgiche acute.

 

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Inaugurazione Pronto Soccorso UCBM

Un allenamento a portata di tutti, proposto dal personal trainer Massimo Ciocchetti insieme ai medici e ai nutrizionisti del nostro Policlinico Universitario, ma non solo. La Run for Liver Home Edition sarà un incontro dedicato a tutti coloro che hanno a cuore la salute del proprio fegato e verrà trasmessa in diretta dalla pagina Facebook del nostro Ateneo.

Proposta dall’Unità Operativa Semplice di Medicina clinica ed Epatologia, la Run for Liver Home Edition sensibilizzerà i partecipanti sull’importanza di un regolare stile di vita per il corretto funzionamento del fegato, organo vitale fondamentale nell’assorbimento delle sostanze nutritive.

La partecipazione è gratuita. Iscriviti attraverso questo link: dopo aver compilato il modulo, ti verrà inviato il link attraverso il quale collegarti per partecipare all’evento online.

Il programma dell’evento

Ore 18:00

Inizio live streaming

Presentano
Giovanni Galati, epatologo e runner
Paolo Parisi, avvocato e runner, presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Campus Bio-Medico

Partecipano
Dario Tuccinardi, diabetologo
Manon Khazrai, nutrizionista
Antonio Picardi, responsabile Unità di Epatologia
Umberto Vespasiani Gentilucci, epatologo e runner

Ore 18.05

Iniziamo la lezione!
40 minuti di Full Body Workout con Massimo Ciocchetti, personal trainer e runner

Ore 18.45

Tavola rotonda e risposta alle domande dei partecipanti (sarà possibile inviare domande durante la diretta streaming; i professionisti risponderanno al termine della lezione interattiva).

La Ricerca non si ferma

La battaglia contro il coronavirus non è finita. Mentre il nostro centro vaccinale è impegnato a mettere in sicurezza la popolazione, i nostri ricercatori stanno studiando il ruolo della genetica nello sviluppo del virus. Alcune persone infatti diffondono più marcatamente il contagio e si ammalano più facilmente e con una carica virale maggiore. Perché? La risposta è nelle difese immunitarie.

I nostri ricercatori hanno finora raccolto 22 famiglie e ne hanno analizzate 20 con un pannello di 43 geni associati alla risposta immunitaria all’infezione virale. Tra i circa 120 individui che sono stati analizzati in totale, sono state individuate circa 110 varianti genomiche. Il passo successivo consiste ora nell’analisi bioinformatica, nella correlazione statistica tra le varianti e il grado di gravità dei sintomi manifestati in seguito all’infezione. Si studieranno in maggiore dettaglio un piccolo numero di famiglie, risultate più informative all’analisi preliminare.

Una ricerca innovativa

Il progetto di ricerca è trasversale e innovativo, perché focalizzato in particolare sulla variabilità genetica e clinica all’interno delle famiglie. Questa potrà fornire informazioni preziose per la lotta al Covid-19, dati fondamentali anche dopo l’arrivo del vaccino, per capire chi è geneticamente più resistente e chi non vi risponderà affatto.

La ricerca ha un costo complessivo di 200 mila euro. La tua donazione è fondamentale per aiutarci in questa battaglia. Sei pronto a sostenerci?

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Studiare i fattori genetici del virus

Spiegano i nostri ricercatori che, come per tutte le malattie infettive, anche per il Coronavirus l’effetto clinico e la rapidità di contagio dipendono in larga misura dal modo in cui ciascun individuo è in grado di difendersi rispetto alle strategie di attacco del virus. Se da un lato il virus SARS-COV-2 sembra attaccare tutti con le stesse armi, non mutando in maniera determinante il proprio programma genetico, dall’altro le difese immunitarie possono fare la differenza.

Le persone non geneticamente in grado di chiudere le porte al virus – i cosiddetti superspreaders – diffondono più marcatamente il contagio e si ammalano più facilmente e con una carica virale maggiore. Sono loro a sviluppare i sintomi più gravi e, in molti casi, a non sopravvivere. Al contrario, chi è geneticamente più dotato di armi contro il virus non contrae l’infezione o rimane asintomatico.

Identificare quali fattori genetici svolgono un ruolo chiave nel contagio e nella gravità dei sintomi da SARS-COV-2 è un passo importante per scoprire nuove cure.

Dona per la ricerca sul coronavirus

Noi siamo pronti a fermarlo. Tu?

Questo il piano d’azione dei nostri docenti e ricercatori Fiorella Gurrieri, Massimo Ciccozzi, Marcello D’Amelio, Giorgio Minotti, Emanuela Salvatorelli e Silvia Angeletti:

  • verificare l’impatto del profilo genetico individuale sulle caratteristiche cliniche e sulla progressione della malattia da Covid-19
  • identificare varianti genetiche di suscettibilità e di protezione nei confronti della malattia, ad esempio legate al genere e alla regionalità
  • inserire le varianti genetiche in un modello cellulare ingegnerizzato per ricapitolare in vitro l’infezione da Covid-19
  • comprendere la patogenesi della malattia e testare rapidamente nuovi farmaci.

I nostri ricercatori sono pronti a raggiungere questo traguardo importante per salvare vite umane.

Tu sei pronto a sostenerli?

 

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IBAN IT79G0569603211000007355X84
Causale: Ricerca Coronavirus

Praticare la terapia della dignità

Garantire la migliore qualità delle cure per i pazienti in fase avanzata di malattia offrendo al territorio un servizio ispirato ad una visione olistica dell’assistenza alla persona. Con un totale di 60 posti autorizzati dalla Asl Roma2 – 12 residenziali e 48 in assistenza domiciliare – è nato il 16 dicembre 2020 all’interno del CESA, il Centro per la Salute dell’Anziano del nostro ateneo, il centro di cure palliative Insieme nella cura.

Al centro del progetto sono le cure palliative, che non accelerano né ritardano la morte, ma provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi, migliorando la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie. Oltre a esse, l’integrazione tra le cure mediche e infermieristiche e gli interventi psicologici, sociali e spirituali garantisce un’assistenza completa, che si fa carico della persona in modo globale.

 

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Aiutare a vivere fino alla fine

L’hospice è stato concepito con l’obiettivo di ricreare il comfort di vita di un ambiente domestico grazie a stanze ampie e moderne nelle quali è possibile portare il proprio animale da compagnia. Grande considerazione è stata data agli spazi di socializzazione, come la tisaneria aperta 24 ore su 24, e agli spazi comuni per incontri e attività ricreative, come la sala da pranzo, la cappella, l’ampia terrazza e il giardino esterno. Le camere sono attrezzate con aria condizionata, minifrigo, servizi igienici attrezzati, campanello di chiamata, letto elettrico e luce individuale. Insomma, non un “ospedale vestito da casa”, ma una “casa adeguata” ad accompagnare i pazienti e i loro familiari nelle ultime fasi della malattia.

Ad assistere i pazienti un’equipe di medici e infermieri palliativisti, psicologi, operatori socio-sanitari, fisioterapisti, oltre agli assistenti sociali e spirituali. Una rete di volontari è inoltre attiva per assicurare ogni giorno la presenza di persone adeguatamente formate a sostegno della qualità della vita del malato. A domicilio, il paziente viene invece seguito giornalmente grazie a un piano di assistenza individuale.

Il rispetto della persona, delle sue caratteristiche e delle sue volontà, l’informazione al paziente e ai suoi familiari su tutte le fasi della malattia e l’alta considerazione per la relazione di cura sono i cardini attorno ai quali si sviluppa l’azione dell’équipe del centro.

Aiutaci a fare tutto il possibile

Perché un progetto di questo tipo? Perché, come affermava Cicely Saunders, infermiera, medico e filosofa che diede vita alla diffusione del “movimento Hospice”, “tu sei importante perché sei tu, e tu sei importante fino alla fine della tua vita”.

Contribuisci anche tu peraiutare a vivere fino alla fine.

 

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Un Centro di Neuromodulazione per ridare speranza

In Italia sono 2,8 milioni le persone affette da depressione. Di queste, circa il 30% non risponde né al trattamento farmacologico né alla terapia cognitivo comportamentale. Per questo la nostra UOC di Neurologia, diretta dal prof. Vincenzo di Lazzaro, vuole realizzare un Centro di Neuromodulazione per il trattamento del disturbo depressivo maggiore unipolare farmacoresistente.

Specifici protocolli di neuromodulazione non invasiva, cioè di stimolazione cerebrale effettuata attraverso campi magnetici o elettrodi applicati sulla testa del paziente, hanno infatti un potenziale terapeutico in diverse patologie neuropsichiatriche. In particolare, la Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS) si sta affermando come un metodo estremamente efficace nel trattamento del disturbo depressivo maggiore farmacoresistente.

Una cura non ancora accessibile ai pazienti

Una metodica indolore che tuttavia, nonostante l’appello dei neurologi, non è ancora accessibile ai malati di depressione: non essendo inclusa nelle prestazioni a carico del Sistema Sanitario Nazionale, viene effettuata a un costo molto alto per il paziente da personale non sempre adeguatamente formato. I pazienti non responsivi alla terapia farmacologica o vulnerabili a effetti collaterali dei farmaci continuano quindi a ricevere un trattamento non ottimale.

Proprio per garantire in modo sicuro e accessibile questa possibilità terapeutica a tutti i pazienti affetti da depressione farmacoresistente, la nostra UOC di Neurologia ha già presentato alla Camera dei Deputati le proprie istanze.

Un progetto in memoria di chi non c’è più

La sensibilità e il grande impegno della famiglia Danile hanno permesso di coprire i costi della prima fase del progetto (75 mila euro), incentrata sulla valutazione degli effetti della rTMS come unico trattamento nelle donne con depressione post-partum e sull’avvio della procedura di accreditamento nell’ambito del SSN.

Ma servono altri 200 mila euro per aprire un Centro di Neuromodulazione aperto al pubblico all’interno del nostro policlinico universitario, rendendo così disponibile il trattamento a tariffe controllate in regime My Hospital, in attesa di ottenere l’inserimento della prestazione nel regime SSN.

Il contributo dei familiari di Antonio Danile non si ferma, così come l’impegno dei nostri medici e ricercatori. Ma nella lotta contro la depressione è necessario essere in molti. Sei anche tu dei nostri?