News 15 Apr 2020

La testimonianza di Piero, infermiere al Covid Center

Piero Libre Savone, infermiere del nostro Covid Center, ha pubblicato sul proprio profilo Facebook una testimonianza diventata virale. Eccola.

Nella foto profilo la Tour Eiffel sullo sfondo. Come biografia, poche parole: “Voglio i Sogni, Essere Vita!”. Piero Libre Savone, infermiere del nostro Policlinico Universitario, “Vita” lo è davvero. Prima di tutto per i pazienti del nostro Covid Center, che anche grazie a lui possono tornare a sognare.

Piero è uno dei tanti professionisti che dal 1° aprile sono impegnati sul fronte della lotta al virus all’interno della nostra struttura dedicata. Il 5 aprile, prima domenica di lavoro tra le sue corsie, Piero ha condiviso sul proprio profilo Facebook pensieri, preoccupazioni e speranze. Una testimonianza che in poco tempo ha ricevuto più di mille like, 330 commenti e quasi 200 condivisioni. Eccola.

Mentre ti stai vestendo pensi velocemente se hai fatto tutto, se hai bevuto a sufficienza ma non troppo. Ti senti stanco, vorresti un caffè ma preferisci non berlo perché sai che se ti scappa non potrai farla per le prossime 4 6 ore. Ti senti vuoto, è strano ma lì non puoi portare niente con te. Varchi il confine e sei dentro, chiusa quella porta alle tue spalle, non puoi tornare indietro. Entri e senti allarmi di ogni tipo, monitor, ventilatori, pompe, dialisi, e sai che devi capirli, devi rispondere a tutti loro.

I pazienti sono gravi, e lo capisci dal primo istante, in questi casi non te lo dicono, ma tu lo sai dalla miriade di cavi che hanno attaccati a sé. Colleghi esausti, che però lavorano ininterrottamente, non li riconosci perché siamo tutti uguali. Non c’è divisa che tenga, medici, infermieri, OSS, tecnici, un unico colore, il bianco delle nostre tute. E allora è solo avvicinandoti che vedi nei loro occhi un accenno di sorriso, un voler dire ciao, finalmente sei arrivato, finalmente tra 10 minuti sarò fuori.

Il caos, ti parli velocemente dei pazienti, a malapena riesci a sentire le loro voci, ovattate dalle mascherine, e tu nella frenesia stai già grondando dal sudore. Pensi che non resisterai un solo turno in più. Poi inizia il turno e non hai più modo di pensare a nulla, sommerso dalle cose da fare tu vai diritto, capisci che devi metterci tutto te stesso perché i pazienti sono solo nelle tue mani.

A fine turno sei esausto ma ti manca un piccolo grande passo da fare, forse il più importante, svestirti nel modo corretto così da non contaminarti. Vorresti in realtà stracciartela quella tuta, ma devi essere concentrato per l’ultima volta ed eseguire passo passo le istruzioni di svestizione apposte sul muro davanti a te, insieme ad uno specchio.

Cominci a rivedere il tuo volto. Un volto segnato dalle mascherine, dalle visiere, dagli elastici, gli occhiali appannati dalla condensa che generi, e che per tutto il turno ti hanno fatto vedere sempre meno. Le mani grondanti, la divisa sottostante zuppa di sudore, hai il naso rosso, gli occhi stanchi. Ma pensi che è finita, una doccia e poi a casa.

È notte oramai e vedi che proprio sopra alla tua terapia intensiva Covid qualcuno sta facendo il tifo per te, qualcuno vuole ricordarti che devi essere forte, che sa quello che stai vivendo, ed è orgoglioso. Qualcuno ha voluto omaggiarti con questo tricolore. E allora lo guardi, e ti tornano i ricordi del turno appena passato, realizzi che il tuo contributo è stato importante, e che se ti chiamassero per fare un nuovo turno proprio ora non esiteresti un solo secondo a rientrare in quella trincea. Perché fare del bene, e rendere il bene con il tuo lavoro, è la cosa più bella che c’è!

 

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