Un calendario con i disegni dei Piccoli Artisti di Manageritalia, per dire che la solidarietà è importante 365 giorni l’anno. Giunto quest’anno alla sedicesima edizione, ha voluto sostenere stavolta l’impegno della nostra Unità Operativa di Chirurgia plastica e ricostruttiva, contribuendo in particolare all’acquisto di un dermatoscopio ad alta risoluzione (High Definition Dermoscopy) per la diagnosi precoce dei melanomi, i tumori maligni della pelle.

Protagonisti del progetto, promosso da Manageritalia a favore dell’Associazione Amici dell’Università Campus Bio-Medico di Roma Onlus, i figli “under 10” degli associati di Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria.

Sono infatti proprio i loro disegni, realizzati a tema libero con diverse tecniche, ad accompagnare le pagine del calendario da tavolo. Premiati lo scorso 23 novembre 2019 a Roma, hanno permesso di destinare 3.230 euro all’acquisto del dermatoscopio, ora attivo presso il nostro Policlinico Universitario grazie a questo e ad altri donativi.

 

Dona ora contro i melanomi

Praticare la terapia della dignità

Garantire la migliore qualità delle cure per i pazienti in fase avanzata di malattia offrendo al territorio un servizio ispirato ad una visione olistica dell’assistenza alla persona. Con un totale di 60 posti autorizzati dalla Asl Roma2 – 12 residenziali e 48 in assistenza domiciliare – è nato il 16 dicembre 2020 all’interno del CESA, il Centro per la Salute dell’Anziano del nostro ateneo, il centro di cure palliative Insieme nella cura.

Al centro del progetto sono le cure palliative, che non accelerano né ritardano la morte, ma provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi, migliorando la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie. Oltre a esse, l’integrazione tra le cure mediche e infermieristiche e gli interventi psicologici, sociali e spirituali garantisce un’assistenza completa, che si fa carico della persona in modo globale.

 

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Aiutare a vivere fino alla fine

L’hospice è stato concepito con l’obiettivo di ricreare il comfort di vita di un ambiente domestico grazie a stanze ampie e moderne nelle quali è possibile portare il proprio animale da compagnia. Grande considerazione è stata data agli spazi di socializzazione, come la tisaneria aperta 24 ore su 24, e agli spazi comuni per incontri e attività ricreative, come la sala da pranzo, la cappella, l’ampia terrazza e il giardino esterno. Le camere sono attrezzate con aria condizionata, minifrigo, servizi igienici attrezzati, campanello di chiamata, letto elettrico e luce individuale. Insomma, non un “ospedale vestito da casa”, ma una “casa adeguata” ad accompagnare i pazienti e i loro familiari nelle ultime fasi della malattia.

Ad assistere i pazienti un’equipe di medici e infermieri palliativisti, psicologi, operatori socio-sanitari, fisioterapisti, oltre agli assistenti sociali e spirituali. Una rete di volontari è inoltre attiva per assicurare ogni giorno la presenza di persone adeguatamente formate a sostegno della qualità della vita del malato. A domicilio, il paziente viene invece seguito giornalmente grazie a un piano di assistenza individuale.

Il rispetto della persona, delle sue caratteristiche e delle sue volontà, l’informazione al paziente e ai suoi familiari su tutte le fasi della malattia e l’alta considerazione per la relazione di cura sono i cardini attorno ai quali si sviluppa l’azione dell’équipe del centro.

Aiutaci a fare tutto il possibile

Perché un progetto di questo tipo? Perché, come affermava Cicely Saunders, infermiera, medico e filosofa che diede vita alla diffusione del “movimento Hospice”, “tu sei importante perché sei tu, e tu sei importante fino alla fine della tua vita”.

Contribuisci anche tu peraiutare a vivere fino alla fine.

 

Dona ora

 

Un Centro di Neuromodulazione per ridare speranza

In Italia sono 2,8 milioni le persone affette da depressione. Di queste, circa il 30% non risponde né al trattamento farmacologico né alla terapia cognitivo comportamentale. Per questo la nostra UOC di Neurologia, diretta dal prof. Vincenzo di Lazzaro, vuole realizzare un Centro di Neuromodulazione per il trattamento del disturbo depressivo maggiore unipolare farmacoresistente.

Specifici protocolli di neuromodulazione non invasiva, cioè di stimolazione cerebrale effettuata attraverso campi magnetici o elettrodi applicati sulla testa del paziente, hanno infatti un potenziale terapeutico in diverse patologie neuropsichiatriche. In particolare, la Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS) si sta affermando come un metodo estremamente efficace nel trattamento del disturbo depressivo maggiore farmacoresistente.

Una cura non ancora accessibile ai pazienti

Una metodica indolore che tuttavia, nonostante l’appello dei neurologi, non è ancora accessibile ai malati di depressione: non essendo inclusa nelle prestazioni a carico del Sistema Sanitario Nazionale, viene effettuata a un costo molto alto per il paziente da personale non sempre adeguatamente formato. I pazienti non responsivi alla terapia farmacologica o vulnerabili a effetti collaterali dei farmaci continuano quindi a ricevere un trattamento non ottimale.

Proprio per garantire in modo sicuro e accessibile questa possibilità terapeutica a tutti i pazienti affetti da depressione farmacoresistente, la nostra UOC di Neurologia ha già presentato alla Camera dei Deputati le proprie istanze.

Un progetto in memoria di chi non c’è più

La sensibilità e il grande impegno della famiglia Danile hanno permesso di coprire i costi della prima fase del progetto (75 mila euro), incentrata sulla valutazione degli effetti della rTMS come unico trattamento nelle donne con depressione post-partum e sull’avvio della procedura di accreditamento nell’ambito del SSN.

Ma servono altri 200 mila euro per aprire un Centro di Neuromodulazione aperto al pubblico all’interno del nostro policlinico universitario, rendendo così disponibile il trattamento a tariffe controllate in regime My Hospital, in attesa di ottenere l’inserimento della prestazione nel regime SSN.

Il contributo dei familiari di Antonio Danile non si ferma, così come l’impegno dei nostri medici e ricercatori. Ma nella lotta contro la depressione è necessario essere in molti. Sei anche tu dei nostri?

Un progetto indispensabile per 300 mila persone

Una popolazione di circa 180 mila persone e un solo Pronto Soccorso, all’Ospedale Sant’Eugenio. Per questo il nuovo DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione) di I livello della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico è un servizio fondamentale nel territorio del IX Municipio, trovandosi al centro di un bacino potenziale di circa 300 mila residenti.

Un Pronto Soccorso innovativo che mette al centro la persona

Con un investimento di circa 10 milioni di euro, il nostro Pronto Soccorso occupa uno spazio di 2100 metri quadrati. Progettato per mettere al centro ciascuna persona che vi accede, ha un design moderno e funzionale e garantisce massimo comfort durante l’attesa e grande attenzione alla privacy.

 

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Con una moderna organizzazione degli spazi, per ridurre al massimo gli spostamenti dei pazienti, è collocato in prossimità delle sale operatorie, di Radiologia interventistica e di Emodinamica, e – primo Pronto Soccorso per adulti a Roma – è dotato di un servizio di Diagnostica per Immagini dedicato, con una innovativa TAC 300 strati ad altissime prestazioni. Attenzione anche all’accessibilità, grazie a un parcheggio con stalli riservati a persone con disabilità e donne in gravidanza, mentre l’eliporto è invece a pochi metri dall’ingresso.

Comfort e riservatezza nell’area di attesa

Phone booth fonoassorbenti per le telefonate, book crossing, monitor tv e informativi, wi-fi, charge station, colori ad hoc, cura degli arredi, musica, area ristoro con tavolini e segnaletica intuitiva. Questi gli ingredienti dell’area di attesa, pensata come un ambiente accogliente, rassicurante e funzionale dove, attraverso i monitor, gli accompagnatori sono costantemente informati sull’andamento del percorso del proprio caro.

Ai più piccoli sono invece dedicati un’area esterna, giochi e intrattenimento, monitor tv e una libreria. Previsti inoltre percorsi dedicati alle persone più fragili: un box pediatrico, un’area riservata ai codici rosa per le vittime di violenza, un’isola neonatale per i parti precipitosi e un percorso specifico per gli anziani.

Sei pronto a sostenerci?

Il nostro Pronto Soccorso è pronto ad accogliere ogni anno 45 mila persone provenienti da Roma Sud e dai comuni limitrofi a sud ovest e sul litorale. Collabora inoltre con le strutture di protezione civile in caso di eventi calamitosi ed emergenziali.

I lavori per la sua realizzazione sono iniziati il 19 febbraio 2019 e terminati nel mese di gennaio 2020. Per 75 giorni, fino al 14 giugno 2020, lo spazio è stato quindi prontamente riconvertito in Covid Center e poi inaugurato come Pronto Soccorso il 1° settembre 2020. Dopo essere stato di nuovo trasformato in Covid Center il 2 novembre, la struttura è infine tornata in funzione il 12 luglio 2021.

 

 

Dona ora per il Pronto Soccorso

 

Con una donazione di almeno 50mila euro lasci un segno nel nostro Donor Wall

Ridare il tatto a chi è stato amputato

La perdita di una mano in seguito a un evento traumatico è un danno devastante subìto ogni anno da circa 4 mila persone in Italia. Un drastico cambiamento che impatta non solo sull’ambito lavorativo, ma anche sulla sfera personale, limitando fortemente le capacità di compiere attività quotidiane e di interagire con le persone.

Per questo il nostro ateneo è da sempre in prima linea nella neuroprotesica, con un’attenzione particolare al tema del recupero delle capacità sensoriali, grazie all’utilizzo di interfacce neurali.

LifeHand, la prima protesi controllata dal pensiero

Nel 2008, per la prima volta un paziente è riuscito a muovere un arto bionico attraverso la propria mente. LifeHand, questo il nome della prima protesi capace di rispondere agli impulsi cerebrali, è stata il risultato di un progetto finanziato dall’Unione Europea, con il coordinamento dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Proprio nel nostro policlinico universitario sono stati impiantati nel braccio di Pierpaolo Petruzziello i quattro elettrodi che gli hanno permesso di controllare la mano robotica durante il mese di sperimentazioni.

LifeHand 2, la prima mano bionica che ‘sente’ gli oggetti

LifeHand 2, la prima mano bionica indossabile che restituisce all’amputato sensazioni tattili, è stata sperimentata nel 2014 dai nostri medici e bioingegneri insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’IRCSS San Raffaele di Roma, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Ecole Polytechnique Federale di Losanna e l’Istituto IMTEK dell’Università di Friburgo.

PPR2, con Inail per restituire le sensazioni propriocettive

Risale sempre al 2014 la partnership tra il nostro ateneo e Inail, l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro. Obiettivo, lo sviluppo di una nuova mano bionica impiantabile basata sull’utilizzo di interfacce neurali, per restituire ai pazienti amputati anche sensazioni propriocettive, ovvero la capacità di riconoscere la posizione del corpo nello spazio.

Il sistema protesico è stato quindi ottimizzato dal 2017 al 2019 attraverso l’introduzione di componenti fortemente miniaturizzate, stabili e biocompatibili, per migliorare concretamente la quotidianità dei pazienti.

Sensibilia, il futuro è realtà

L’ultimo passo in avanti si chiama Sensibilia. Una mano bionica che, impiantata in modo sperimentale nel 2019 su Clara, amputata 30 anni prima in seguito a un incidente domestico, ha dimostrato che è possibile compiere con destrezza movimenti anche complessi.

Al termine del progetto, realizzato dal nostro ateneo insieme al Centro Protesi Inail, Clara ha ricevuto una mano bionica simile a quelle della sperimentazione.

Reshape, per mani bioniche percepite come proprie

Ma se il presente si chiama Sensibilia, il futuro è Reshape. Il progetto del dott. Di Pino, laureato in Medicina e Chirurgia, dottorato in Ingegneria Biomedica e specializzato in Neurologia nel nostro ateneo, coniuga Neuroscienze, Ingegneria Biomedica e Clinica Neurologica per permettere agli amputati di non sentirsi più tali, grazie a una mano bionica percepita come propria. La sua idea – passare dal concetto di protesi (dal greco, artefatto, qualcosa di esterno) a quello di endotesi (qualcosa che faccia parte del corpo) – ha convinto nel 2015 a Bruxelles oltre trenta top scientists, tra i quali alcuni Nobel, e ha vinto quindi il prestigioso bando europeo ERC-Starting Grant.

“Il problema – spiega il ricercatore – è che le protesi di oggi sono il frutto dell’evoluzione della robotica industriale e rimangono un corpo estraneo. Il mio desiderio è allora quello di concepire una protesi con cui il soggetto non debba suonarci il piano, ma sentirsi completo durante una serata di gala. E questo è possibile solo partendo dalle sensazioni e dai processi cerebrali umani”.

WiFi-MyoHand, RGM5 e 3DAID

Nella primavera 2021, in collaborazione con il Centro Protesi Inail di Budrio e con la partecipazione della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il nostro ateneo ha avviato tre nuovi progetti nel campo delle protesi bioniche di arto superiore. WiFi-MyoHand svilupperà una nuova protesi bionica con ritorno sensoriale grazie a un sistema di stimolazione neurale completamente impiantabile e wireless. RGM5 individuerà nuove procedure di chirurgia bionica per l’adattamento del corpo dell’amputato alle protesi più innovative e restituirà la propriocezione. 3DAID realizzerà protesi e ortesi di mano innovative e low-cost grazie all’utilizzo di tecniche avanzate di prototipazione rapida con stampa 3D.

Un tumore maligno da diagnosticare per tempo

Il melanoma è un tumore maligno della pelle. La sua incidenza è in continua crescita ed è quasi raddoppiata negli ultimi 10 anni. La sopravvivenza di chi ne è affetto dipende dallo stadio di malattia ed è del 98% nel caso questa sia localizzata solo alla cute. Per questo la diagnosi precoce del tumore è indispensabile per individuare eventuali melanomi sottili, e ancor più importante è effettuare prevenzione nelle persone che presentano fattori di rischio quali familiarità, fototipo chiaro, elevato numero di nevi, storia di ustioni solari nell’infanzia e soprattutto pregresso melanoma.

Il nostro impegno contro i melanomi

L’Unità Operativa di Chirurgia plastica e ricostruttiva, coordinata dal prof. Paolo Persichetti con l’ausilio del dott. Vincenzo Panasiti, è impegnata costantemente nella prevenzione e follow up del melanoma e di altre neoplasie maligne della cute. Grazie alla collaborazione tra specialisti dermatologi, oncologi e chirurghi plastici, si occupa in particolare di garantire livelli assistenziali di elevata qualità, contribuendo in modo significativo – anche attraverso la ricerca scientifica – alla diagnosi e cura di questa neoplasia. I dermatologi della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico sono inoltre impegnati anche in campagne di screening sul territorio.

Tre obiettivi per la diagnosi precoce del melanoma

Per identificare i melanomi in stadio iniziale e garantire una guarigione completa ai pazienti, i nostri specialisti hanno tre obiettivi concreti:

  • acquistare un dermatoscopio ad alta risoluzione (High Definition Dermoscopy) che possa aiutarli nella diagnosi precoce – Obiettivo raggiunto!
  • costruire una Melanoma Unit, un’unità operativa specifica in grado di accompagnare il paziente e la sua famiglia dall’inizio alla fine del percorso di diagnosi e cura
  • realizzare un ambulatorio open cui i pazienti possano accedere quotidianamente senza prenotazione, portando in visione la sola impegnativa del medico curante.

Sosterrai i nostri medici in questa sfida?

Reshaping skills and knowledge through lifelong learning. Questo il sottotitolo dell’evento pensato dal nostro Ateneo per tutte le aziende interessate al tema della Tech Revolution.

Il meeting si aprirà con un aperitivo, subito dopo la registrazione degli ospiti. Al centro dell’evento sarà tuttavia un tavolo di discussione con referenti aziendali di diversa provenienza. Al termine dell’impact speech, infine, la presentazione del piano di sviluppo triennale del nostro Ateneo e del catalogo formativo della Facoltà dipartimentale di Ingegneria.

Per info: postlauream@unicampus.it

Le malattie croniche più frequenti

Le malattie reumatiche sono a livello internazionale le malattie croniche più frequenti e, in Europa, la prima causa di dolore e disabilità (fonte: OMS). In Italia, artrite e artrosi colpiscono il 17,3% della popolazione mentre l’osteoporosi il 7,3%, con frequenza circa doppia nelle donne (Istat 2010). Sempre nel nostro Paese, sono la seconda causa di prescrizione di farmaci.

I pazienti affetti da malattie reumatiche subiscono una riduzione significativa della qualità di vita. Soprattutto le malattie reumatiche a genesi infiammatoria – come ad esempio le artriti croniche – sono accompagnate infatti da sintomi estremamente invalidanti quali il dolore acuto e/o cronico e la fatigue, una combinazione di debolezza generalizzata, debolezza muscolare, mancanza di energie e stanchezza mentale. Le malattie reumatiche sono gravate inoltre da un’elevata frequenza di sintomi depressivi, di disturbi d’ansia e di disturbi del sonno.

Un progetto di ricerca e prevenzione contro le malattie reumatiche

Avere una malattia reumatica e, al contempo, vivere bene è oggi quasi impossibile. Proprio per questo Vivere con una malattia reumatica – Vivere in salute è il titolo del progetto di ricerca dell’Unità Operativa di Immunoreumatologia, guidata dalla prof.ssa Antonella Afeltra. Due gli obiettivi dei nostri medici e ricercatori: un approfondimento epidemiologico degli stili di vita a rischio nei pazienti con malattie reumatiche e la promozione di uno stile di vita sano come misura di prevenzione.

Percorsi personalizzati per uno stile di vita sano

Due sono quindi anche le fasi del progetto. La prima dedicata a un’indagine epidemiologica sui fattori di rischio, prendendo in considerazione stili di vita quali fumo, sovrappeso e obesità, abitudini alimentari e sedentarietà. La seconda prevede invece la sperimentazione e il perfezionamento di un programma di prevenzione basato su tre diversi principi: la misura dei fattori di rischio, l’educazione del paziente riguardo alle loro conseguenze per la salute e l’ideazione di strategie per contrastare i fattori di rischio stessi.

Tra le proposte fatte ai pazienti – 50 al mese a partire da febbraio 2021 – anche programmi personalizzati di attività fisica da remoto, corsi di cucina, indicazioni dietetiche personalizzate, programmi per smettere di fumare, percorsi individualizzati per promuovere uno stile di vita sano e incontri con specialisti in scienze della nutrizione, dietisti, giornalisti enogastronomici e chef.

 

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Una scoperta storica sull’origine del morbo d’Alzheimer

Una scoperta che ha fatto subito il giro del mondo, aprendo nuove frontiere per la cura del morbo d’Alzheimer. Secondo lo studio coordinato dal prof. Marcello D’Amelio e dalla sua Unità di Ricerca di Neuroscienze molecolari, l’origine dell’Alzheimer non risiede nella parte del cervello legata alla memoria, ma in quella deputata all’umore. Una tesi già confermata da una sperimentazione su pazienti svolta dall’Università di Sheffield, in Inghilterra, e che ora, pubblicato su Nature Communications, è uno degli studi più citati nella comunità scientifica internazionale.

Alla ricerca di una cura per l’Alzheimer

Raramente i risultati della ricerca di laboratorio raggiungono rapidamente l’applicazione clinica sul paziente. Non è questo il caso della scoperta del prof. D’Amelio e della sua équipe di ricerca, che potrebbe cambiare presto la vita di chi soffre di questa patologia neurodegenerativa – la più comune forma di demenza – per la quale per ora non esiste cura efficace.

Aprile 2017 – Il team UCBM scopre l’origine dell’Alzheimer

Il team del prof. D’Amelio scopre che l’Area Tegmentale Ventrale (VTA) – un’area del cervello che regola diverse funzioni quali ad esempio quella della gratificazione – va incontro a degenerazione molto prima che si formino le caratteristiche placche di beta-amiloide nelle aree del cervello storicamente associate alla malattia.

Marzo 2018 – Uno studio inglese su pazienti conferma la scoperta

Uno studio dell’Università di Sheffield (Inghilterra) dimostra con tecniche di risonanza magnetica nucleare che la VTA è effettivamente coinvolta nelle fasi precoci di malattia di Alzheimer. È la prima conferma sull’uomo. Il prof. D’Amelio la commenta in un editoriale sul Journal of Alzheimer’s Disease, rivista su cui è pubblicato il lavoro prodotto dal gruppo inglese.

Settembre 2018 – Uno studio italiano aggiunge nuovi dettagli

Uno studio tutto italiano, sotto la spinta del prof. D’Amelio, aggiunge ulteriori dettagli sul coinvolgimento della VTA in pazienti a diverso grado di sviluppo di malattia e che presentano alterazioni delle funzioni non-cognitive (ad esempio apatia, disturbi del sonno e dell’appetito).

Maggio 2018 – Iniziano le ricerche per la sperimentazione di nuovi farmaci

L’americana Alzheimer’s Association assegna al prof. D’Amelio un finanziamento triennale per ulteriori ricerche finalizzate alla sperimentazione preclinica di farmaci capaci di ridurre o addirittura bloccare la degenerazione della VTA. Le ricerche sono attualmente in corso.

Febbraio 2019 – Una ricerca valuta l’efficacia della musica contro l’Alzheimer

Farmindustria decide di sostenere la ricerca del prof. D’Amelio sponsorizzando uno studio non farmacologico. Poiché è noto che l’ascolto di alcuni tipi di musica funge da potente stimolatore della VTA, lo studio punta a stimolarla proprio in questo modo. La ricerca, attualmente in corso, valuterà l’efficacia della musica nel rallentare la progressione del morbo d’Alzheimer.

Giugno 2021 – Trovata la chiave per la diagnosi precoce

Un nuovo studio promosso dall’IRCCS Santa Lucia insieme ai nostri ricercatori e all’Università di Torino ha individuato nelle lesioni dell’area tegmentale ventrale (VTA) la capacità di predire lo sviluppo dell’Alzheimer, scoprendo così una finestra di intervento di due anni prima che la malattia si manifesti. La scoperta ha aperto nuovi importanti scenari per la diagnosi precoce.

L’impegno dei ricercatori continua

L’impegno quotidiano del prof. D’Amelio e del suo team continua quindi in laboratorio, per offrire presto nuove possibilità di cura a quanti soffrono della malattia di Alzheimer: circa il 5% della popolazione mondiale sopra i 60 anni, 1 milione di persone solo in Italia. Un numero che – dato il continuo invecchiamento della popolazione – potrebbe triplicare nei prossimi 40 anni, con costi sociali ed economici elevatissimi. Al lavoro dei nostri ricercatori è rivolta la speranza di tutti i pazienti e soprattutto dei loro cari.

 

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Sono 14 le borse di studio a copertura totale delle tasse universitarie che saranno erogate a studenti meritevoli iscritti al primo anno dei CdL in Infermieristica e Ingegneria Chimica per lo Sviluppo Sostenibile e dei CdL e CdLM in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana.

Per ciascuno dei nostri 11 Corsi di Laurea e Corsi di Laurea Magistrale sarà inoltre disponibile una borsa di studio a copertura del 50% delle tasse universitarie. Queste borse di studio, finanziate interamente da UCBM, saranno erogate invece sulla base del merito e del reddito.

Una scelta di impegno e responsabilità

Ma il nostro Ateneo non è solo in questo progetto. Fondazione Cattolica Assicurazioni, Banco BPM, Società LIUNI, UBI Banca e Lottomatica hanno infatti deciso di sostenerci “adottando” i nostri studenti più meritevoli. Grazie alla loro scelta, sarà possibile garantire una formazione di qualità ad alcuni dei nostri giovani più brillanti.

 

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