News 6 Mar 2018

Intelligenza artificiale per i pazienti

Nasce dalla collaborazione tra il nostro Ateneo e IBM “Il Neurologo risponde”, prototipo di un assistente virtuale che, grazie a sistemi d’intelligenza artificiale, assisterà la persona affetta da Parkinson nella gestione ordinaria della patologia. Un progetto che apre nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche.

Un assistente virtuale per i pazienti affetti da malattia di Parkinson, attivo 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. “Il Neurologo risponde” è il prototipo sviluppato grazie alla collaborazione tra il nostro Ateneo e IBM e presentato in occasione della Giornata Nazionale per il Parkinson, iniziativa alla quale ha aderito anche il nostro Policlinico Universitario.

Il software utilizzerà sistemi d’intelligenza artificiale (IBM Watson) per assistere la persona affetta da Parkinson nella gestione ordinaria della patologia, dando consigli utili e rispondendo alle domande che gli saranno poste. Pazienti ma anche familiari e caregivers potranno in tempo reale soddisfare curiosità sulla malattia e avere risposte a dubbi sul trattamento farmacologico.

Un sistema che, costantemente monitorato dagli specialisti, potrà contribuire a migliorare i processi di diagnosi e cura della malattia di Parkinson, che solo in Italia colpisce circa 300 mila persone. “Un numero – spiega la dott.ssa Lucia Florio, neurologa presso UCBM – destinato a raddoppiare nei prossimi 15 anni, mentre si abbassa l’età dei pazienti che ne sono affetti”.

Stimolazione cerebrale profonda per agire sui neuroni

Sul fronte terapeutico, il nostro Policlinico Universitario è in grado di gestire la fase di programmazione della stimolazione cerebrale profonda, una tecnica chirurgica che prevede l’impianto di elettrodi nel cervello e il loro collegamento a un generatore di impulsi elettrici (pacemaker) collocato all’altezza del torace. La stimolazione elettrica agisce sui neuroni contribuendo a ridurre per un lungo periodo i sintomi del Parkinson quali movimenti involontari e complicanze motorie.

“Nella fase avanzata della malattia – spiega il dott. Lazzaro di Biase, dottorando in Scienze dell’invecchiamento e della Rigenerazione tissutale presso UCBM – il paziente può presentare fluttuazioni della sintomatologia. Quando la terapia farmacologica non è sufficiente a controllare i sintomi, è necessaria una stimolazione continua dei neuroni, che può avvenire chimicamente, attraverso l’infusione sottocutanea di apomorfina o l’infusione intestinale di levodopa/carbidopa gel, oppure elettricamente. Oggi i dispositivi di ultima generazione di stimolazione cerebrale profonda possono offrire ai pazienti un recupero concreto e significativo della qualità di vita”.

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