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Dona ora per UCBMNews 6 Mar 2018
In Uganda per un progetto di ricerca sui neonati
Un'esperienza di studio e volontariato in Africa. Una scoperta che può risultare di vitale importanza per ridurre la mortalità infantile soprattutto nelle aree rurali. Protagoniste, le giovanissime Giulia Spina e Costanza Cutrona.
Il contatto skin to skin tra la madre e il bimbo appena nato è più efficace dell’incubatrice. Lo conferma il progetto di ricerca in neonatologia condotto da Giulia Spina in Uganda e argomento della sua tesi di laurea discussa lo scorso luglio.
Il progetto, condiviso in Africa con la collega e amica Costanza Cutrona e sostenuto dal prof. Pietro Ferrara, relatore della tesi, dalla dott.ssa Laura Andrissi, dal prof. Massimo Ciccozzi e dalla dott.ssa Francesca Farchi, è ora in fase di pubblicazione, avendo fornito risultati di notevole interesse.
“Il contatto a pelle stimola l’allattamento e quindi la crescita del bambino – spiega Giulia –. Un aspetto che si è rivelato fondamentale in un contesto rurale come quello africano. Anche perché i benefici più rilevanti per i neonati riguardano il mantenimento della temperatura corporea e la conseguente riduzione dell’ipotermia e dell’ipoglicemia neonatali, complicanze facilmente gestibili in Paesi avanzati, ma completamente fuori controllo altrove”. È in questo secondo caso quindi che lo studio di Giulia e Costanza può risultare di vitale importanza per ridurre la mortalità infantile.
L’esperienza formativa della giovane, che si era già recata in Kenya nel 2011, non si è tuttavia limitata al progetto di ricerca per la tesi di laurea: “Dove c’è poca forza lavoro – spiega – vieni per forza valorizzato. Per questo ho fatto tanta pratica e sono cresciuta moltissimo. La cosa più bella poi è stata poter lasciare qualcosa di importante all’ospedale, insegnando da zero a tutto il personale della sala di ostetricia l’intera procedura, a partire dai valori da tenere monitorati”. Nel frattempo, sempre insieme a Costanza, organizza raccolte fondi a favore dell’Ambrosoli Memorial Hospital e aggiunge, illuminandosi in volto: “Tra due anni, da specializzanda, potrò essere ancora più utile”.
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